In passato la sera del Mercoledì Santo si celebrava un rito molto suggestivo quanto incomprensibile e contraddittorio: "U S’gnur’ a mucciun’" o "U S’gnur’ rubàt’" ("il Signore di nascosto" o "il Signore rubato"). Per capirne le ragioni bisogna risalire alla storia fortunosa della statua del Cristo Morto, appartenente alla Confraternita dei Bianchi e da questi donata o venduta a quella dell'Annunziata).
I confratelli dell'Annunziata, di nascosto e quasi al buio, trasferivano nella chiesa Madre, su una lettiga, il Cristo che custodiscono nel proprio oratorio e che poi sarebbe stato portato in processione il Venerdì Santo. Una volta depostolo su un ripiano presso l'altare centrale, le porte si aprivano ad una folla numerosa e commossa che rendeva omaggio al Cristo Morto per tutta la notte, naturalmente in aperta contraddizione con la cronologia della Settimana Santa e la morte di Gesù celebrata nel pomeriggio del Venerdì Santo.
Grazie all'impegno e alla devozione della Confraternita di Maria SS. Annunziata dal 2019 è stato riscoperto questo rito che per una serie di vicissitudini si era perduto nel
tempo.
La tradizione colloca la sua istituzione alla fine dell’Ottocento,
anni difficili in cui proliferavano i movimenti di rivendicazione
contadina nati spontaneamente come risposta alla delusione per la
mancata distribuzione delle terre promesse da Garibaldi. Tante le
proteste nei confronti del governo sabaudo che li dissanguava con le
tasse. In questo clima la Confraternita dei Bianchi, formata da nobili e
proprietari terrieri, aveva l’onore di portare in processione la statua
del Cristo Morto, che è arrivata fino ai nostri giorni, di cui
all'epoca era proprietaria, condividendo benignamente l'evocazione del
sacro corteo funebre con i propri mezzadri e salariati.
Ma a questo punto la storia si mescola alla leggenda e sembra che, a
seguito di una delle tante rivolte, i nobili negarono ai contadini la
statua del Cristo per la celebrazione del Venerdì Santo; questi ultimi
rapirono la statua e la portarono nella loro chiesa. Da questo gesto
l'epiteto del "Cristo Rubato".
Fu un momento di grande partecipazione
popolare ma alla fine la statua dovette tornare ai legittimi
proprietari.
Da quel momento in poi i Bianchi, per paura che venisse
nuovamente trafugata, ogni Mercoledì Santo, con il favore delle tenebre e
coprendola con un lenzuolo bianco, portavano la statua di chiesa in
chiesa attenti che non ci fosse nessun testimone, facendone perdere le
tracce, per poi arrivare al Duomo pronti per la processione del Venerdì
Santo. Da questa usanza l’appellativo del "Cristo Nascosto".
Ma la
popolazione, intanto, aveva capito tutto e spiava questo strano
espediente, in silenzio dalle fessure delle finestre adorando quella
statua che simulava il corpo morto di un mezzadro qualunque, che dai
campi, nell'indifferenza, veniva restituito alla propria casa.
Con le stesse caratteristiche, questa particolare processione da qualche
anno viene riproposta dai discendenti di quella Confraternita
dell’Annunziata che all'epoca l'aveva ricevuta in consegna.
Oggi si
cerca di proporre un protocollo quanto più vicino possibile alla
tradizione; la congregazione dei Bianchi non esiste più, ma era ancora
vivo nella popolazione il ricordo, al punto da ricostruire
minuziosamente ogni dettaglio del rito, per poterlo far rivivere integro
anche ai nostri giorni.
E così, dalla Chiesa dell'Annunziata, il Mercoledì Santo sera,
al calare dell'oscurità, parte un mesto corteo che accompagna in modo molto discreto, quasi nascosto, la statua del Cristo Morto fino
alla Chiesa Madre.
La partecipazione della popolazione è composta,
le luci cittadine spente, il silenzio assoluto per le strade e tanti
volti che guardano da dietro le finestre, per rendere davvero suggestivo
un momento unico di devozione popolare.
Tante sono state le contese tra la popolazione ed i parroci susseguitisi
negli anni. Spesso gli ordini ecclesiastici hanno vietato alla Confraternita di fare la processione, recriminando il fatto che
perpetrando questa strana usanza sembra di commemorare Cristo Morto con
due giorni di anticipo.
Ma la tradizione popolare è stata più forte, si è
modificata, è scomparsa, ha resistito, poi è rinata, ed oggi rivive le stesse suggestioni delle origini.
- Testo a cura del dott. Francesco Stanzione, sulla base di informazioni tratte dal sito "EnnaLive.it".
- Foto tratte dal sito "EnnaLive.it".